La Ferrata della Memoria nasce dall’idea di Fabio Bristot “Rufus” delegato del Soccorso alpino delle Dolomiti Bellunesi che ha voluto ricordare anche attraverso lo sport la tragedia del Vajont.infatti Questo percorso attrezzato offre la possibilità di divertirsi e nello stesso tempo di riflettere ed osservare l'inquietante diga del Vajont e della stretta gola nella quale, il 9 ottobre 1963, la massa d'acqua della diga si incanalò per poi riversarsi nella sottostante valle del Piave radendo al suolo il paese di Longarone e colpendo le frazioni di Erto causandone l’evacuazione ed abbandono.
Raggiunto il comune di Longarone-Bl si imbocca la strada regionale 251 che da quest'ultimo sale a Erto . In particolare, subito dopo aver superato esternamente l'abitato di Codissago, si sale fino al sesto tornante, dove, a destra è posto un piccolo cartello che indica la via ferrata.
Scendendo invece da Erto-Pn si supera la diga ed al secondo tornante, a sinistra, si trova il cartello. Qui si abbandona la strada principale e si prosegue su una stradina che porta, dopo circa cento metri, ad un parcheggio dove è consigliabile indossare direttamente casco ed imbrago - 540m ca.
Dal Parcheggio è indicato con un cartello (vedi Foto) l’imbocco del sentiero, dopo alcuni minuti si entra nella prima galleria (Vedi foto) lunga circa 100mt dove è necessario munirsi di una torcia luminosa. Si esce su una cengia attrezzata con corrimano per rientrare poco dopo una seconda galleria . Da li inizia la ferrata. (VEDI FOTO) In caso di giorni piovosi precedenti alla Vs salita fate attenzione nelle gallerie ci possono essere pozze d’acqua che impediscano il passaggio.
All'inizio del cavo metallico si nota una targhetta che periodicamente si ritroverà lungo tutto il percorso con numerazione crescente, sicuramente utili in caso di richiesta soccorso o più semplicemente per indicare eventuali anomalie nelle attrezzature. Si inizia quindi percorrendo da prima una lunga cengia con un breve traverso attrezzato con staffe fino ad una scala che segna l'inizio dei tratti verticali. In uscita dalla scala si trova alcuni metri di parete verticale ed espostissima superabile leggermente in diagonale grazie alla presenza iniziale di 2 cambre metalliche poi un passaggio in aderenza per raggiungere 2 staffe ed alcuni metri "tirando" un po' sul cavo per raggiungere un primo pulpito di sosta . Si traversa brevemente a destra e si riparte in verticale sfruttando nella parte alta la presenza di alcune cambre che limitano le difficoltà lungo una linea di salita che in assenza di tali attrezzature sarebbe sicuramente di elevato impegno; in questo primo tratto di ferrata gli appigli non abbondano di certo ma vi sono discrete possibilità di sfruttare appoggi per i piedi e cercare di così contenere la trazione sul cavo. Dopo questi primi impegnativi 100mt arriva una zona "tranquilla" dove poter rifiatare, comunque sempre in sicurezza , prima di affrontare un diedro racchiuso tra 2 lame di roccia particolarmente levigata ma ben attrezzate raggiungendo rapidamente una lingua di terra che funge da cengia, sempre assicurati al cavo vista la forte esposizione ed il fondo detritico. Dopo una eventuale sosta si continua affrontando un lungo piano inclinato in semiaderenza visto che vi è la presenza di alcuni appoggi raggiungendo così la parte alta del piano dove invece la roccia estremamente levigata è stata attrezzata con una serie di cambre e pedivelle metalliche che ne agevolano parecchio la progressione fino ad un piccolo pulpito dove il cavo piega nettamente a sinistra in corrispondenza di una lunga cengia inizialmente rocciosa poi su terreno che richiede attenzione nel non far cadere materiale al di sotto. La diga inizia a mostrarsi in tutta la sua grigia imponenza mentre la nostra Via riparte, dopo un brevissimo traverso , nettamente in verticale lungo una parete ancora avara di appigli ma fortunatamente i piedi trovano qua e là discreti appoggi uscendone su una nuova lunga cengia anche questa particolarmente "sporca" . Si aggira uno spigolo ancora in forte esposizione e come in precedenza la fine della cengia coincide con l'inizio di una risalita verticale stavolta ben più lunga ma una conformazione della roccia ed una abbondanza di pedivelle che rendono tutto sommato più gradevole la progressione. Lungo la risalita si incontrano alcune interruzioni che fungono anche come eventuali soste mentre lentamente la ferrata si porta in una zona della parete rocciosa più "sporca" ci si sta infatti inoltrando nella vegetazione e così, lungo sentiero , sempre assistiti dalla presenza del cavo ci si alza leggermente portandosi comunque piuttosto rapidamente alla base della parete . Quest'ultima, che qua è marcata come 5a sezione della Via , si presenta come una bella placconata ben attrezzata all'attacco dove i primi metri sono particolarmente levigati poi la presenza di una fessura facilità la salita uscendo presso un traverso orizzontale in massima esposizione ma senza rilevanti difficoltà . Come nelle cenge precedenti anche qui finito il breve traverso si continua in risalita ma l'impressione è che da qua, vista la morfologia della roccia, le possibilità di avanzare trovando appigli e quindi contenendo le trazioni sul cavo siano maggiori, inoltre la verticalità non è più così elevata; si risale quindi avendo comunque sempre a disposizione varie pedivelle , come accennato la verticalità qua non è così marcata contrariamente all'esposizione che in effetti è rimasta praticamente costante fin dall'inizio e si conferma tale nel prossimo traverso dove le 4 ampie staffe metalliche trasmettono la sensazione di "camminare nel vuoto" . L'ultimo tratto del traverso è nuovamente su fondo misto erba-terra e riporta ad una salita molto simile alla precedente ovvero discreta quantità di attrezzatura ed una certa arrampicabilità della roccia ; si avanza quindi senza incontrare rilevanti difficoltà pur non trattandosi comunque di una risalita banale e con un'uscita a sinistra tramite alcune roccette si guadagna quella che rappresenta l'ultima sezione del percorso caratterizzata da gradoni di roccia che si fondono con la vegetazione e dove finalmente si abbassa notevolmente il grado di esposizione, eccetto un singolo passaggio . Come accennato si susseguono alcuni passaggi piuttosto semplici in un misto di roccia e vegetazione sbucando addirittura presso una comoda cengia che ha più le caratteristiche del sentiero che "taglia" orizzontalmente la parete della gola culminando nei pressi di una scala che permette di "saltare" un notevole strapiombo . La scala segna fondamentalmente la fine della ferrata in quanto oltre si tratta solo di camminare per alcune decine di metri in direzione del pulpito sommitale -800mt ca.- rappresentato dai resti di un manufatto in cemento probabilmente appartenuti ad una teleferica risalente al periodo di costruzione della diga.
Seguendo in salita l'evidente sentiero n.380 si incontra poco dopo una segnaletica:
1- a sinistra la direzione per l'abitato di Casso-Pn, dal quale tra l'altro è ben visibile la frana del monte Toc precipitata nel bacino , tramite la quale si ritorna a valle attraverso il sentiero "Troi de S.Antoni" in 1.00h passando per Codissago così come da successiva segnalazione.
2- a destra si prosegue per la diga che si raggiunge in circa 15 minuti di leggera discesa nel bosco. Giunti nei pressi della diga vi è la possibilità di un rientro a valle percorrendo la strada asfaltata S.R. 251 dove la circolazione alle auto è regolamentata da un senso unico alternato. Scendendo lungo la strada si passa attraverso 2 gallerie ed all'uscita della seconda, dove si trova il semaforo, si devia a sinistra per il sentiero che porta al sottostante parcheggio di partenza in circa 40' dal termine della ferrata.
Vi risponderemo il prima possibile